Henry David Thoreau: disobbedire per obbedire alla propria essenza

 

Henry David Thoreau nasce il 12 luglio del 1817 nella cittadina di Concord, non distante da Boston.

Morirà il 5 maggio del 1862 a causa della tisi.

Thoreau è famoso soprattutto per lo scritto La disobbedienza civile, un’opera che risulterà fondamentale per personaggi come Malcom X, il quale, durante gli anni della carcerazione, leggerà questo testo facendolo approdare alla riflessione sui diritti dei neri d’America. Ma lo stesso Pacifismo di Tolstoj e Ghandi deve molto a queste letture.

 

Ovviamente l’autore ha contribuito non solo con questa opera. Walden, ad esempio, romanzo del 1854 descrive perfettamente il suo pensiero estetico e politico. Altro testo fondamentale è Vita senza principi, pubblicato dopo la morte.

 

Non dobbiamo dimenticare la formazione del giovane Thoreau. Nel 1883 entra all’Università di Harvard e qui trova un grande personaggio come Ralph Waldo Emerson. Quest’ultimi era uno dei maggiori esponenti della corrente dei Trascendentalisti, corrente in contrapposizione alla Chiesa Unitaria. I Trascendentalisti rifiutavano (e qui possiamo notare nell’idea del Rifiuto un primo impatto etico ideologico sul Thoreau) principi come la Trinità, sostenevano la negazione dei miracoli, la negazione della perdizione umana. Una visione quasi naturale della religione che avvicinerà Thoreau ad una visione panteistica.

 

Thoreau sarà il difensore dei diritti del singolo soggetto umano contro lo Stato. Sosterrà il diritto alla ribellione, alla disobbedienza al potere costituito, in sostanza alla Rivoluzione. Oggi giorno risulta (abbiamo già citato Malcom X e le sue letture della disobbedienza civile) una delle figure più efficaci nell’aver denunciato il connubio diabolico tra “sporca economia” e schiavismo dei neri. Un autore per molti versi scomodo ancora oggi. Tale opposizione al sistema civile lo condurranno anche al rifiuto delle comodità della vita occidentale e a concezioni, come in Vita senza principi, di isolamento dagli altri uomini, di allontanamento da tutto ciò che scaturisce da una economia così infima come il superfluo, il denaro, il lusso. Thoreau arriva persino, per approdare a tale rifiuto, a incoraggiare una vita da “fannulloni”, la quale porta l’uomo a ritrovare il suo tempo, il tempo dell’esistenza, sperso a causa di una forma di organizzazione della divisione del lavoro e del suo salariato. Passeggiare liberamente nei boschi e vivere senza oppressione dello Stato è ciò che egli desidera. Lo stesso autore costruirà una piccola casetta nei boschi vicino al lago Walden.

 

L’occidente, oggi, è approdato a un cinismo terribile. Possiamo solo immaginare la sua finale e spietata critica al mondo capitalistico, dapprima, come fece, di Stati come la Virginia e la Carolina del nord e del sud, le quali furono da lui aspramente criticate per lo sfruttamento dei neri per le piantagioni di cotone, tabacco e canna da zucchero. Schiavi neri che erano settecentomila agli inizi dell’Ottocento negli Stati Uniti d’America per arrivare intorno al 1860 a ben quattro milioni. Cosa potrebbe pensare oggi il nostro autore sulle formule democratiche di emigrazioni da inserire come risorse nella nostra democratica e pulita economia?

Cosa direbbe dello spostamento libero…non coatto ci mancherebbe…di giovani neri dalle proprie terre verso altre terre (casualmente sempre bianche)?

 

Nel mondo grande e terribile (cit. Antonio Gramsci) possiamo solo sperare che l’atto di disobbedienza divenga qualcosa di auspicabile nel pensiero quotidiano e popolare, poiché senza di esso nessuna essenza individuale e identità culturale sarà mai salva.


Raffaele Gatta

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