Giotto: la lotta contro il Potere

Giotto: la lotta contro il Potere


Giotto, il cui vero nome era Agnolo di Bondone, nacque a Firenze nel 1266 circa e ivi morì nel 1337.
Come è ben noto, Giotto rinnovò la concezione dello spazio pittorico, aprendo alla tridimensionalità. Le figure sono ben solide e volumetriche e si avvicinano ad una raffigurazione umana maggiormente realistica, superando le fisionomie eteree del passato.
Nella "Cacciata dei Diavoli da Arezzo" decima scena delle storie di San Francesco, affresco che si trova ad Assisi, San Francesco, Basilica Superiore, risaltano le linee architettoniche della città turrita e sopra di esse i demoni alati con zampe di falco in una disperata fuga.
In questa scena appare evidente il contrasto tra le figure aspre e crudeli dei diavoli e la geometria quasi irreale delle case e delle torri con i tipici "sporti" medievali. Geometria delle case che evidenzia un'armonia razionale, base della cultura classica, poi sciolta nei colori caldi e soavi, in una soavità quasi languida e serafica che diluisce, a tratti, quella geometria razionalizzante. Tuttavia, ad uno sguardo più attento, si può passare da questa razionalità armonica ad un impressionante visione di ferocia, poiché le torri sembrano quasi assurgere a simbolo di lotta terrena contro il male, quasi fossero spade spinte verso l'alto e i demoni, contro la malvagità. Questa scena, inoltre, manifesta spazialmente una rappresentazione da un lato molto statica, attraverso la geometria ben salda delle delle torri e dall'altra dinamica mossa ovvero dalle torri che come spade cacciano via i demoni alati in un altrettanto moto ondulatorio e isterico. Le finestre che si affacciano sulle case e sulle torri mostrano una vacuità umana, come se la presenza umana fosse del tutto assente e la sola struttura architettonica (simbolo del potere umano e dell'Immanenza) fosse in grado di cacciare il male trascendente. Se si concentra lo sguardo solamente sulle abitazioni, la scena potrebbe ricordare un quadro surreale perché in qualche modo il razionalismo architettonico, per via dell'estrema razionalità delle linee, slancia l'immagine in una dimensione sognante. Inoltre come si è già detto la presenza umana è del tutto assente e rafforza ancor di più questo aspetto onirico.
Nell'affresco "giottesco" vi è una suddivisione narrativa: La parte bassa, composta da case e torri come spade, offre, nella sua staticità, una visione verso l'alto mentre nella parte superiore della rappresentazione i diavoli fuggono in un dinamismo drammatico. Dunque troviamo un binomio di drammaticità (spazio alto) e surrealtà (spazio basso) e tra dinamismo (spazio alto) e staticità (spazio basso).
L'immanenza, nella sua statica e apparente "vuotità" d'anime, sembra rimandare a un surreale e angoscioso momento della Storia, surclassato, tuttavia, in senso positivo dalla forza umana di combattere la trascendenza nella sua dinamica e drammatica scomposizione, come se qui Giotto volesse indicarci una stabilità umana strutturante e capace, pur nella sua assenza spirituale che ciclicamente rivive nella storia umana, di evadere il Male dinamico e fluido (categoria della Fluidità oggigiorno molto radicata nel neoliberismo declinato nelle sue superstrutturi sociali) male che è Superiore sia in senso spaziale che ideale nel suo metafisico Oltre e che incombe su di noi in modo onnipresente.
Se il male, un tempo, fu una trascendenza maligna rappresentata da Esseri sovrumani, oggi questo male è un Potere apparentemente invisibile ma onnipervasivo. "Corsi e ricorsi storici" (Gianbattista Vico) pur nel cangiare apparente dei Soggetti storico-sociali.

Raffaele Gatta 

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